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Novità


Condominio e Inquilino 

Rapporti tra inquilino e amministratore di condominio, coinvolgerlo nella vita del condominio
Rapporti tra inquilino e amministratore di condominio, coinvolgerlo nella vita del condominio

La riforma entrata in vigore nel 2013 ha comportato una maggiore tutela anche di soggetti non necessariamente
proprietari
L’impostazione originaria del codice civile del 1942 che, nella gestione delle cose singole e comuni, denotava un’impronta prettamente patrimonialistica, si è venuta scontrando con la necessità di tutela degli interessi umani connessi all’abitare e, più in generale, sotto la spinta dei principi costituzionali, di tutela della personalità, anche di soggetti non necessariamente proprietari ma semplici fruitori di servizi comuni.
Tradizionalmente, i conduttori delle unità immobiliari erano, di solito, considerati estranei ai rapporti condominiali, ma già la giurisprudenza aveva via via individuato zone di interferenza tra il rapporto di locazione e l’istituto condominiale, sia pure non circoscrivendole con precisione e fornendo soluzioni spesso contrastanti (godimento e modifica delle cose comuni, efficacia delle disposizioni regolamentari, pretese risarcitorie, tutela possessoria, ecc.).
Con la legge n. 392/1978, all’art. 10, si era, poi, prevista la possibilità, per gli inquilini, di concorrere alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria, nonché di partecipare alle assemblee condominiali (senza, però,
diritto di voto) in cui si discutesse della modifica degli altri servizi comuni.
Dopo qualche oscillazione iniziale, la giurisprudenza di legittimità, sul rilievo che la legge n. 392 citata disciplinava solo i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio, si era consolidata nel senso che l’amministratore avesse diritto di riscuotere pro-quota (ai sensi dell’art. 1123 c.c.) i contributi relativi alle spese di manutenzione delle cose comuni e ai servizi comuni direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un’azione diretta nei
confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari facenti parte del condominio.
Quindi, anche se relativamente alle spese del servizio comune di riscaldamento competeva al conduttore il diritto di voto, in luogo del condomino-locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione ex art. 10 citato, il mancato pagamento degli
oneri condominiali da parte dello stesso conduttore rilevava soltanto per il locatore, che avrebbe potuto agire per la risoluzione del contratto per inadempimento a causa del mancato rimborso degli oneri accessori a suo carico.
Sotto un altro profilo – anche qui dopo qualche oscillazione iniziale – la Cassazione era oramai dell’avviso che l’art. 10 della legge sul c.d. equo canone non avesse comportato modificazioni al disposto dell’art. 66, comma 3, disp. att. c.c. (vecchio testo), che
disciplinava la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea ai soli “condomini”, con la conseguenza che tale avviso doveva essere comunicato al proprietario e non al conduttore dell’appartamento, restando solo il primo a farsi parte diligente per informare il secondo dell’avviso di convocazione ricevuto dall’amministratore onde consentirgli di partecipare alle delibere previste dal citato art. 10, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore potessero farsi ricadere sul condominio, che
– come ripetevano tralaticiamente da anni i giudici di legittimità – rimaneva «estraneo al rapporto di locazione».
Restava inteso che, ove il conduttore fosse stato convocato dal locatore per gli argomenti all’ordine del giorno di sua pertinenza, lo stesso era legittimato a impugnare le eventuali delibere viziate, sempre che avessero a oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento.
Tuttavia, al di fuori di queste, non si attribuiva all’inquilino un potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché, ad esempio, doveva escludersi la legittimazione del primo a impugnare la delibera assembleare di nomina
dell’amministratore, oppure di approvazione del bilancio preventivo o del regolamento di condominio.
In pratica, anche se l’amministratore sapeva chi fosse il conduttore, oppure gli era stata comunicata l’esistenza di un contratto di locazione, doveva “fingere” di non conoscere l’inquilino e rivolgersi soltanto al proprietario, unico suo legittimo destinatario: infatti, era a lui che doveva richiedere i contributi condominiali non corrisposti, ed era sempre a lui che doveva indirizzare gli avvisi di convocazione per l’assemblea.
Sul primo versante, ossia quello relativo alla riscossione dei contributi, sembra che nulla sia cambiato a seguito della legge n. 220/2012 - entrata in vigore il 18 giugno 2013 - nel senso che l’amministratore deve continuare a riscuotere i contributi soltanto dai “condomini” (tale espressione, peraltro, è richiamata ripetutamente nel corso dei cinque capoversi in cui ora si articola l’art. 63 disp. att. c.c.).
Diverso appare, invece, il discorso sul secondo versante, ossia quello relativo agli avvisi di convocazione, atteso che il comma 7 dell’art. 1136 c.c., attualmente, prevede che «l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati», laddove la versione precedente era nel senso che «l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati convocati alla riunione».
In buona sostanza, si è volutamente sostituito il termine “condomini” con quello di “aventi diritto”, quasi a significare che vi sono altri soggetti, diversi dai condomini, come appunto i conduttori, i quali hanno diritto a essere convocati all’assemblea direttamente,
cioè by-passando il locatore, da parte dell’amministratore (che, pertanto, diventa obbligato in tal senso).
Che non si tratti di una mera disattenzione del patrio legislatore si ricava anche da altre significative modifiche dell’art. 66 disp. att. c.c., il cui comma 3 – dopo aver stabilito che l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno,
deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, per mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora
della riunione – precisa che, in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli “aventi diritto”, la delibera assembleare è annullabile ai sensi dell’art. 1137 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
In questa prospettiva, va, altresì, letta la novità contenuta nel comma 5 dello stesso art. 66, che contempla ora la possibilità, in capo all’amministratore, di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli “aventi diritto” con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date e ore di eventuale prosecuzione
dell’assemblea validamente costituitasi.
Chiude il cerchio il novellato disposto dell’art. 1130 c.c. che, tra le attribuzioni dell’amministratore, annovera ora, al n. 6, la cura della tenuta del registro dell’anagrafe condominiale, contenente la generalità dei singoli proprietari nonché dei titolari di diritti reali
e di “diritti personali di godimento”, e tale registro, aggiornato anche ai nomi dei conduttori, ha un senso solo se si configura un obbligo dell’amministratore di convocare questi ultimi, ovviamente laddove la legge contempli il loro potere di voto e di intervento
in assemblea.
A proposito degli “aventi diritto” a essere convocati all’assemblea condominiale, si ricorda che il riformato art. 67 disp. att. c.c. – dopo aver precisato, ai commi 6 e 7, che l’usufruttuario esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione nonché al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, e che, nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari (salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’art. 1006 c.c. o si tratti di lavori od opere ai sensi degli artt. 985 e 986 c.c.) – prescrive che, in tutti questi casi, «l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario».
Peraltro, in forza dell’art. 1130-bis, comma 1, c.c., non solo i condomini, ma anche «i titolari di diritti di godimento sulle unità immobiliari» e, dunque, gli inquilini, possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne
copie a proprie spese (aggiungendo che le scritture contabili e le c.d. pezze d’appoggio vanno conservate per dieci anni dalla data della relativa registrazione).
In tal modo, il diritto di prendere visione “in ogni tempo”, estraendo copia dei documenti giustificativi di spesa, è stato opportunamente esteso anche ai conduttori, ai quali, finora, il comma 3 dell’art. 9 della citata legge n. 392/1978, facendo obbligo di pagare gli oneri condominiali di loro spettanza entro due mesi dalla richiesta da parte del locatore, delimitava, di fatto, entro il medesimo periodo, il termine massimo per l’esercizio del diritto di chiedere l’indicazione analitica delle spese e dei criteri di ripartizione, nonché di prendere visione dei documenti.
Ne consegue che, attualmente, gli inquilini non devono attendere la chiusura della gestione condominiale per esercitare tali diritti, essendo legittimati a visionare i suddetti documenti giustificativi pure nelle more dell’annualità amministrativa, purché non
siano di ostacolo all’attività professionale dell’amministratore; parimenti, potranno estrarre copie a proprie spese, salvo soggiacere alle eventuali prescrizioni, stabilite in via generale dall’assemblea, circa i costi fissi per ogni fotocopia o l’onorario fisso per il
tempo che l’amministratore dedica affinché l’interessato metta in atto i suoi controlli.
A quest’ultimo proposito, l’art. 71-ter disp. att. c.c. abilita l’accesso al sito internet - attivato dall’amministratore su richiesta dell’assemblea, previa delibera da approvarsi con il quorum di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. - agli “aventi diritto” e, tra questi, senz’altro gli inquilini, i quali possono, quindi, consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla stessa delibera assembleare.
Per completezza, si segnala che l’art. 1122-bis c.c., in ordine alle installazioni di impianti singoli per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, prescrive, al comma 3, che, qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, “l’interessato” – e, quindi, non necessariamente il condomino – ne dia comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi; si aggiunge che l’assemblea possa prescrivere, con la maggioranza
di cui all’art. 1136, comma 5, c.c., adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità/sicurezza/decoro dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti fotovoltaici, provvede, a richiesta degli “interessati”,
a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto; infine, la stessa assemblea, con la medesima maggioranza, può anche subordinare
l’esecuzione alla prestazione, da parte “dell’interessato”, di idonea garanzia per i danni eventuali.
In conclusione, alla luce dei summenzionati flash, sembra proprio che la riforma del 2013 abbia comportato un maggiore (e, forse, opportuno) coinvolgimento dell’inquilino nella vita condominiale.


Fonte: Rivista La Proprietà edilizia - Luglio-Agosto N° 7-8 di Alberto Celeste - Magistrato

Pubblicato in Riforma il 01/08/2014

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