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Termini impugnazione assemblea condominiale delle delibere assembleari 

Impugnazione verbale assemblea condominiale: non vi è più motivo d’incertezza circa lo strumento da utilizzare
Impugnazione verbale assemblea condominiale: non vi è più motivo d’incertezza circa lo strumento da utilizzare

Il secondo e il terzo comma dell’art. 1137 c.c. prima della riforma introdotta dalla legge n. 220/2012 prevedevano che avverso le deliberazioni dell’Assemblea condominiale, il condomino dissenziente potesse fare ricorso all’Autorità giudiziaria.
L’uso del termine “ricorso” aveva dato luogo a due contrastanti correnti di pensiero mai risolte – né dalla giurisprudenza di merito né da quella di legittimità – in un'unica e definitiva soluzione interpretativa. Da un lato si riteneva che l’utilizzazione di quel termine da parte del legislatore contenesse un’indicazione tassativa della forma dell’atto introduttivo dell’impugnazione mentre, dall’altro lato, si riteneva trattarsi di una semplice indicazione che non modificava il principio generale per cui l’atto introduttivo di un qualsiasi giudizio dovesse avere la forma della citazione.
Tale diversità di opinioni ha comportato fino ad oggi che la forma del ricorso e quella della citazione fossero usate indifferentemente nonostante le significative diversità di effetti tra l’una e l’altra e ciò in virtù dell’uso benevolo del principio dell’equipollenza e della conservazione degli atti.
Era evidente, pur tuttavia, che la citazione fosse lo strumento tecnicamente più rispondente sia all’intenzione del legislatore cui premeva il rispetto dell’esigenza di certezza nella vita e nella gestione del condominio sia alle esigenze delle parti: la notifica della citazione nel termine decadenziale previsto per le impugnazioni comportava, infatti, per il notificante la garanzia di aver rispettato quel termine e di aver correttamente instaurato il contraddittorio e assicurava, al contempo, al destinatario dell’atto la conoscenza tempestiva dell’avvenuta impugnazione e del rischio di un’eventuale sospensione dell’efficacia della delibera impugnata da parte dell’Autorità giudiziaria. Con tale sistema, prima di dar corso all’esecuzione di delibere aventi effetti irreversibili, era prudente attendere il decorso del termine di
decadenza affinché l’amministratore del condominio potesse avere la tranquillità di rendere operative le delibere.
Era evidente che lo strumento del ricorso non assicurava tali certezze ed era criticamente tollerato dai giudici di merito in virtù sia dell’interpretazione letterale dell’articolo 1137 in esame sia ricorrendo alla panacea rappresentata dal principio dell’equipollenza – che, peraltro, non esisteva per quanto sopra argomentato – e della conservazione degli atti.
Oggi, il legislatore – non sappiamo se intenzionalmente o casualmente – riformando quella parte dell’articolo 1137, ha usato la locuzione “adire” l’Autorità giudiziaria, eliminando la possibilità di utilizzare lo strumento del ricorso e riportando l’azione d’impugnazione delle delibere condominiali nell’alveo dell’ordinarietà. In sostanza, quindi, non vi è più motivo d’incertezza circa lo strumento da utilizzare.
Risulta allo scrivente che, a seguito della riforma, con una prima pronuncia il Tribunale di Milano ha dichiarato inammissibilità di un’impugnazione proposta con ricorso sulla base proprio delle argomentazioni sopra sviluppate.



Fonte: Rivista “La PROPRIETA’ edilizia” – Novembre 2013 N° 11; di G. M

Pubblicato in Riforma il 01/11/2013

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